28 de mayo de 2022.– El Papa Francisco, esta mañana, al recibir a los miembros del Comité Pontificio para las Ciencias Históricas, que en estos días realizan su Sesión Plenaria, comparó el estudio de la historia con la ingeniería de puentes, por su capacidad de crear relaciones y soluciones pacíficas en situaciones de conflicto. Lo hizo al lamentar que a causa de la situación en Europa del Este algunos participantes habituales de la Academia Rusa de Ciencias de Moscú e historiadores del Patriarcado Ortodoxo de Moscú, no han podido participar.
“Mientras que la historia está a menudo impregnada de acontecimientos bélicos, de conflictos, el estudio de la historia me hace pensar en la ingeniería de los puentes, que hace posibles las relaciones fructíferas entre las personas, entre los creyentes y los no creyentes, entre los cristianos de diferentes denominaciones. Su experiencia es rica en lecciones”, afirmó el Santo Padre.
Una experiencia y un “trabajo conjunto” el de los historiadores que es necesario reanudar e intensificar pues para Francisco es “una valiosa contribución al fomento de la paz”: «La necesitamos porque es portadora de la memoria histórica necesaria para captar lo que está en juego en la elaboración de la historia de la Iglesia y de la humanidad: la de ofrecer una apertura hacia la reconciliación de los hermanos, la curación de las heridas, la reintegración de los enemigos de ayer en el concierto de las naciones, como supieron hacer los Padres Fundadores de una Europa unida después de la Segunda Guerra Mundial».
El encuentro con el Comité Pontificio para las Ciencias Históricas formado actualmente por miembros de 14 países y tres continentes, fue ocasión para que Francisco recordara sus inicios hace cien años, el 6 de febrero de 1922, cuando el Papa Pío XI, bibliotecario y diplomático, apenas después de su elección, quiso inaugurar su pontificado asomándose a la logia externa de la Basílica Vaticana, en lugar de la interna, como habían hecho sus tres predecesores.
“Con ese gesto Pío XI nos invitaba a asomarnos al mundo y a escuchar y servir a la sociedad de nuestro tiempo”, comentó el Papa. De hecho, para el Pontífice, el Comité ofrece a la Santa Sede una contribución valiosa al dialogar y colaborar con historiadores e instituciones académicas, que desean estudiar no sólo la historia de la Iglesia, sino más ampliamente la historia de la humanidad en su relación con el cristianismo a lo largo de dos milenios.
“La historia de la Iglesia es un lugar de encuentro y de confrontación en el que se desarrolla el diálogo entre Dios y la humanidad; y a ello están predispuestos quienes saben combinar el pensamiento con la concreción”, enfatizó el Santo Padre al recordar al “gran historiador Cesare Baronio”, un “erudito de admirable doctrina”. que como cocinero en la comunidad creada por San Felipe Neri daba lecciones y concejos con “su delantal, ocupado en lavar cuencos”.
“El Comité, deseado por el Venerable Pío XII para estar al servicio del Papa, de la Santa Sede y de las Iglesias locales, está ciertamente obligado a promover el estudio de la historia, indispensable para el taller de la paz, como vía de diálogo y de búsqueda de soluciones concretas y pacíficas para resolver los desacuerdos, y para conocer más profundamente a las personas y a las sociedades”, insistió Francisco.
En el encuentro que tuvo lugar en la Sala del Consistorio del Palacio Apostólico, el Papa aludió al próximo XXIII Congreso del Comité Internacional de Ciencias Históricas que tendrá lugar en Poznan (Polonia), en agosto, en el cual se tendrá una Mesa Redonda sobre el tema «La Santa Sede y las revoluciones de los siglos XIX y XX». Una nueva oportunidad para que el comité cumpla su misión y servicio en la “búsqueda de la verdad mediante la metodología propia de las ciencias históricas.
“Espero que los historiadores contribuyan con sus investigaciones, con sus análisis de las dinámicas que marcan los acontecimientos humanos, a iniciar con valentía procesos de confrontación en la historia concreta de los pueblos y de los Estados”, concluyó el Papa.
VATICAN NEWS
Discorso del Santo Padre
Cari Membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche!
Sono contento di darvi il benvenuto in occasione della vostra sessione Plenaria. Ringrazio il Presidente, padre Ardura, per le sue cortesi parole e saluto ciascuno di voi, grato per il vostro generoso servizio alla Santa Sede. È un contributo prezioso anche per il modo con cui lo svolgete: dialogando e collaborando con gli storici e con le istituzioni accademiche, che desiderano studiare non soltanto la storia della Chiesa, ma più largamente la storia dell’umanità nel suo rapporto con il cristianesimo lungo due millenni.
Cento anni fa, il 6 febbraio 1922, Pio XI, Papa bibliotecario e diplomatico, diede alla Chiesa e alla società civile un orientamento decisivo attraverso un segno certamente sorprendente all’epoca. Subito dopo l’elezione, Papa Ratti volle inaugurare il suo pontificato affacciandosi alla loggia esterna della Basilica Vaticana, anziché a quella interna, come avevano fatto i suoi tre predecessori. Dicono che si sono spesi quasi 40 minuti per aprire quella finestra, che il tempo aveva arrugginito perché non si usava mai. Con quel gesto Pio XI ci invitava ad affacciarci sul mondo e a metterci in ascolto e al servizio della società del nostro tempo.
L’adesione alla realtà saldamente documentata resta indispensabile allo storico, senza fughe idealistiche in un passato che si suppone consolatorio. Lo storico del cristianesimo dovrebbe essere attento a cogliere la ricchezza delle diverse realtà nelle quali, attraverso i secoli, il Vangelo si è incarnato e continua a incarnarsi, regalando capolavori che rivelano l’azione feconda dello Spirito Santo nella storia. La storia della Chiesa è luogo di incontro e di confronto in cui si sviluppa il dialogo tra Dio e l’umanità; e ad essa è predisposto chi sa unire il pensiero alla concretezza. Viene in mente il grande storico Cesare Baronio: sul fronte della cappa del camino lasciò questa scritta: Baronius coquus perpetuus. Studioso di mirabile dottrina nonché uomo di grande virtù, continuava a ritenersi il cuoco della comunità, l’incarico che in gioventù gli era stato dato da San Filippo Neri. Non di rado illustri personaggi, che si recavano da lui per riceverne consiglio, lo trovavano col grembiule dilavoro, impegnato a lavare le scodelle (cfr A. Capecelatro, Vita di S. Filippo Neri, Napoli 1879, vol. I, p. 416). Dunque, teoria e prassi – unite – conducono alla verità.
Il vostro Comitato, voluto dal Venerabile Pio XII per essere al servizio del Papa, della Santa Sede e delle Chiese locali, è certamente tenuto a promuovere lo studio della storia, indispensabile al laboratorio della pace, quale via di dialogo e di ricerca di soluzioni concrete e pacifiche per risolvere i dissidi, e per conoscere più a fondo le persone e le società. Mi auguro che gli storici contribuiscano con le loro ricerche, con le loro analisi delle dinamiche che segnano le vicende umane, all’avvio coraggioso di processi di confronto nel concreto della storia dei popoli e degli Stati.
L’attuale situazione in Europa orientale non vi consente, per il momento, di incontrare alcuni dei vostri interlocutori abituali nell’ambito dei convegni che, da decenni, vi vedono collaborare sia con l’Accademia Russa delle Scienze di Mosca, sia con gli storici del Patriarcato Ortodosso di Mosca. Ma sono sicuro che saprete cogliere le occasioni giuste per riprendere e intensificare questo lavoro comune, che sarà un contributo prezioso volto a favorire la pace.
Se la storia è spesso pervasa da eventi bellici, da conflitti, lo studio della storia mi fa pensare all’ingegneria dei ponti, che rende possibili rapporti fruttuosi tra le persone, tra credenti e non credenti, tra cristiani di differenti confessioni. La vostra esperienza è ricca di insegnamenti. Ne abbiamo bisogno, perché è portatrice della memoria storica necessaria per cogliere la posta in gioco nel fare storia della Chiesa e dell’umanità: quella di offrire un’apertura verso la riconciliazione dei fratelli, la guarigione delle ferite, la reintegrazione dei nemici di ieri nel concerto delle nazioni, come seppero fare, dopo la seconda guerra mondiale, i Padri fondatori dell’Europa unita.
Attualmente, il vostro Comitato consta di Membri provenienti da 14 Paesi e da tre continenti. Mi rallegro che questa diversità esprima una dinamica multiculturale, internazionale e pluridisciplinare. La vostra partecipazione, nel prossimo mese di agosto, al XXIII Congresso del Comitato Internazionale delle Scienze Storiche a Poznan, con una Tavola rotonda sulla tematica “La Santa Sede e le Rivoluzioni del XIX e XX secolo”, sarà un’ulteriore opportunità per realizzare la missione che vi è affidata, come servizio alla ricerca della verità attraverso la metodologia propria delle scienze storiche.
Il vostro programma convegnistico ed editoriale, i vostri studi storici e storiografici, nonché, per la maggior parte di voi, l’insegnamento universitario, costituiscono il campo di attività in cui svolgete il vostro lavoro. Vi incoraggio a portarlo avanti, pur nell’ambito e con la metodologia che vi competono, sempre aperti all’orizzonte della storia della salvezza. Questo orizzonte è come l’atmosfera in cui le vicende umane, per così dire, “respirano”, prendono luce, rivelando un senso più ampio: quello che viene da Cristo, «che è Signore della sua Chiesa e Signore della storia dell’uomo in forza del mistero della Redenzione» (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptor hominis, 4 marzo 1979, 22).
A voi e ai vostri cari imparto di cuore la mia Benedizione. E vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.